Questo libro rimarrà fra le opere più ardite, più alte e più felici sul mito nel nostro secolo. Robert Graves, poeta, romanziere e mitografo immensamente dotto, capì presto che nelle storie mitiche si celavano e ci sfidavano molti segreti. E questo da sempre, perché lenigma sta nel cuore del mito. Così incominciò ad affrontarne alcuni dei più intrattabili, anche perché appartenenti alla tradizione celtica, senza dubbio la più fedele alla trasmissione orale del sapere. E a poco a poco si delineò nelle sue ricerche la visione di ciò che è il fondo delle grandi mitologie europee, dalla Britannia a Creta: un fondo dove si espande la luce lunare della Dea Bianca, velando quella degli altri dèi. Non era solo una dea, che Graves andava scoprendo, ma limmagine primordiale della Musa, quindi un intero linguaggio, che fu inciso su pietre e celebrato in riti prima di affidarsi al suo ultimo vascello: la poesia. Chi fosse e quanti nomi avesse tale multiforme Dea Bianca lo scoprirà il lettore, con lemozione di chi vive unavventura, mentre procederà nella selva fascinosa di questo libro, dove a ogni passo si incontrano indovinelli e talvolta si riesce anche a conquistare la giusta risposta. Come per esempio nei casi seguenti:
«Chi rese fesso il piede del Diavolo?
«Quando giunsero in Britannia le cinquanta Danaidi con i loro vagli?
«Quale segreto era intrecciato nel nodo gordiano?
«Perché Jahvèh creò gli alberi e le erbe prima del sole, della luna e delle stelle?
«Dove si troverà la saggezza?».
Questo libro leggendario, ma più nominato che conosciuto, è non solo lopera maggiore di Graves ma una vera grammatica del mito, che insegna agli ingenui moderni ad articolare una lingua sempre viva.
Robert Graves (1895-1986) pubblicò “La Dea Bianca” per la prima volta nel 1948; una nuova edizione riveduta e ampliata apparve nel 1961: su di essa è condotta la presente traduzione.
Jung C.G. e Kerenyi K.
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Boella A. - Galli E.
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