Jiddu Krishnamurti è stato il più importante filosofo indiano contemporaneo. A partire dai primi anni ’70, tutte le volte che Krishnamurti è venuto a Delhi a parlare al pubblico, lo sono andato ad ascoltare.
Nel dicembre del 1982 lo intervistai a lungo nella sua scuola di Rishi Valley, in Andhra Pradesh. All’epoca, Krishnamurti era già vecchio e malato. Un tremito si era impossessato del suo braccio sinistro
Jiddu Krishnamurti era un filosofo e un rivoluzionario. Diceva che l’uomo deve essere completamente libero. Negava ogni autorità spirituale. Affermava che tutti i credo, tutti gli ideali, altro non sono che tragiche illusioni. Paralizzano l’uomo e distorcono il suo rapporto con la natura e con gli altri esseri umani. Sono stati questi credo e questi ideali a creare conflitto nel mondo. L’uomo deve invece cercare la verità dentro di sé. Nessuna religione, nessun insegnamento, nessun testo sacro, nessun guru, possono aiutarlo a liberarsi.
Nel 1961 lo scrittore e filosofo inglese Aldous Huxley, dopo aver ascoltato a Saanen in Svizzera un discorso di Krishnamurti, scrisse a un amico: «È stata una delle cose più impressionanti che io abbia mai sentito… È stato come ascoltare un discorso del Buddha, tale è stata la sua forza, la sua innata autorità, il suo rifiuto senza compromessi di offrire all’homme moyen sensuel una via di fuga, un surrogato, un guru, un salvatore, una guida, una chiesa».
Carlo Buldrini, architetto, giornalista e scrittore è vissuto in India per oltre trent’anni. È stato addetto reggente dell’Istituto Italiano di Cultura di New Delhi e ha insegnato presso la Jamia Millia Islamia, l’Università islamica di Delhi. È autore di Lontano dal Tibet (Lindau 2006, 2015) pubblicato prima in India con il titolo di A Long Way from Tibet (Tara Press 2005), di Pellegrinaggio buddhista (Lindau 2016) pubblicato in India con il titolo The Buddhist Pilgrimage (Sampark 2023) e di Cronache indiane (Lindau 2018, 2023).
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